CONOSCI I TUOI CONSUMI!  Con l’entrata in vigore del. D. Lgs. 102/214, con scadenza ultima al 30/06/2017, ogni precedente modalita’ di ripartizione delle spese perdera’ validità’. L’unico criterio di calcolo da seguire per la ripartizione sara’ quello basato sui consumi rilevati dai contabilizzatori di calore.

Il principio ispiratore del D.lgs. 102/2014 della suddivisione delle spese in funzione dell’effettivo singolo utilizzo è certamente condivisibile e l’utente finale, ovvero il condomino, per tale ragione, bene accetta tale metodo poiché meglio rispondente alle personali esigenze di utilizzazione.

Tuttavia, in alcune circostanze, può suscitare qualche perplessità l’applicazione di tale metodo di calcolo in considerazione di una realtà ampiamente variegata di fabbricati con climatizzazione invernale centralizzata. Si fa cioè riferimento a quei fabbricati che, appartenendo ad un momento edilizio storico compreso tra gli anni’ 60-70-80, presentano caratteristiche strutturali sotto il profilo della coibentazione notevolmente differenti e più carenti rispetto a quelli degli anni '90 e successivi, tanto da essere stati definiti “energivori”.

 

Ebbene, per queste realtà immobiliari, il metodo di calcolo contemplato dalla UNI 10200 potrebbe presentare difficoltà applicative o meglio creare qualche problematica tra i condomini in ragione della differenziazione dei costi ripartiti tra i medesimi rispetto al passato.

Occorre infatti considerare che nei Condomini vi sono unità immobiliari maggiormente esposte e svantaggiate per le quali il consumo energetico è molto più elevato rispetto alle altre. Si tratta degli appartamenti posti al primo ed all'ultimo piano che, per effetto delle maggiori dispersioni, consumano energia in più, a volte pare sino al doppio rispetto a quelli dei piani intermedi. La diversità intrinseca degli appartamenti svantaggiati rispetto agli altri è dovuta al fatto di avere non solo le pareti perimetrali esposte, ma anche un soffitto o un pavimento disperdente, oltre al dato forse più incidente, di una scarsissima coibentazione.

Pertanto chi si trova ad essere proprietario di unità immobiliari poste alle estremità dello stabile e quindi meno coibentate rispetto a quelle intermedie, può temere di essere penalizzato dalla metodologia di calcolo prevista dalla UNI 10200, in quanto si troverebbe ad avere una quota fissa (consumi involontari), calcolata sui millesimi di riscaldamento, ed una quota variabile (consumi volontari), calcolata sul fabbisogno energetico della singola unità immobiliare, più elevate rispetto ai piani intermedi a parità di utilizzazione (tempi e temperature): quest’ultimi potrebbero limitare l’utilizzo del riscaldamento perché riscaldati – anche - dai confinanti.

A conclusioni diverse, invece, si perviene, negli edifici di nuova costruzione le cui caratteristiche sono tali da avere, tendenzialmente, una ben maggiore uniformità di dispersioni per cui, a parità di volumi riscaldati ed indipendentemente dalla ubicazione dell’unità immobiliare (orientamento o posizione), la quota fissa è pressoché identica per effetto delle coibentazioni realizzate.

Nelle vecchie costruzioni, per compensare il calore erogato e quello disperso dalle singole unità immobiliari ed al fine di cercare di garantire una uniformità di prestazione per tutti, a parità di utilizzazione, venivano a volte installati negli appartamenti posti alle estremità corpi scaldanti le cui dimensioni erano maggiorate, proprio per erogare calore idoneo a garantire una temperatura idonea in considerazione delle maggiori dispersioni. Nelle unità “centrali”, invece, venivano collocati corpi “scaldanti”più ridotti dal punto di vista dimensionale e quindi anche di erogazione del calore, essendo tali unità frapposte tra altre limitrofe e quindi con minore necessità di apporto calorico, avendo minori dispersioni termiche dovute al fatto di essere “coibentate” dalle confinanti .

Ed allora, alla luce delle considerazioni appena svolte, appare immediato chiedersi se la metodologia di calcolo dei consumi introdotta dal D.lgs. 102/2014, per effetto del richiamo alla norma UNI 10200, sia in grado di cogliere le criticità degli edifici di vecchia costruzione: per garantire una equa distribuzione dei costi, riguardo tanto al “prelievo volontario” quanto al “prelievo involontario” che, a parità di tempo e di temperature, saranno più onerosi per le unità immobiliari poste ai primi ed agli ultimi piani, la ripartizione dei medesimi in base all'effettivo consumo il primo ed ai “millesimi riscaldamento” il secondo, si mostra efficace o per meglio dire equa? A prima vista sembrerebbe di dover dare una risposta in senso negativo, in ragione del semplice dato contabile che ha come risultato costi decisamente più elevati per le unità immobiliari poste alle estremità e palesemente più ridotti per quelle “intermedie”.

Ed allora, per porre rimedio a tale disequilibrio evitando possibili animosità tra i condomini, non sarebbe più opportuno introdurre correttivi alla UNI 10200 Correttivi che però dovrebbero essere a carico del Legislatore, il quale dovrebbe poter cogliere le criticità dei vecchi fabbricati?  

Diversamente, la mente corre ad un potere/facoltà dell’assemblea condominiale di “modellare” le metodologie di calcolo nella ripartizione dei costi al fine di renderle rispondenti alle proprie specifiche realtà ed esigenze.Detto in altro modo: potrà l’assemblea condominiale modificare i criteri di calcolo di cui al D.lgs. 102/2014 che rinvia alla UNI 10200? Se sì, con quali maggioranze?

Il primo quesito impone di fare qualche breve osservazione sulla natura delle norme del citato D.lgs. 102/2014: sono esse di natura imperativa e dunque come tali inderogabili? Laddove dovesse darsi risposta nel senso della loro imperatività, per effetto del richiamo in esso contenuto, la UNI 10200 muta la sua natura? Da norma tecnica diviene anch'essa norma imperativa?

Difficile dare una risposta: di certo, come insegnano la dottrina e la giurisprudenza per norma imperativa deve intendersi una norma posta a tutela di un interesse generale. Più nello specifico, secondo una certa dottrina, assumerebbe carattere imperativo la norma posta a tutela di un interesse pubblico e dunque occorre valutare gli interessi che essa vuole proteggere: se si accerta la loro generalità, il loro trascendere le parti negoziali, o  comunque il tendere della norma alla protezione di fini fondamentali dell'ordinamento giuridico, allora vi è imperatività e conseguentemente il divieto, per le parti, di derogare, nell'esercizio della loro autonomia, alla regola legislativa. Non va, tuttavia trascurata la posizione di chi precisa che la imperatività di una norma non può cogliersi attraverso una valutazione contenutistica o di merito, bensì attraverso un'analisi strutturalista, volta ad accertare se l'ordinamento costruisca la fattispecie alla stregua di regola derogabile o meno.

Alla luce di tali definizioni, il D.lgs. 102/2014 con l’obiettivo di contenere il consumo energetico nazionale, sembra essere posto a tutela di un interesse generale, ovvero dello interesse di cui è portatore il Paese alla riduzione delle spese per l’approvvigionamento di combustibili ed al contenimento dell’inquinamento atmosferico, limitando le immissioni. Nonché da un’analisi “strutturalista” l’art. 9, comma 5, lett. d) impone, attraverso l’uso del “deve”, l’applicazione dei criteri di calcolo di cui alla UNI 10200, consentendo che solo per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi la suddivisione delle spese di riscaldamento avvenga ai millesimi di proprietà.

A ciò si aggiunga la configurabilità dell’illecito amministrativo, cui consegue l’irrogazione della relativa sanzione pecuniaria di cui all’art. 16, comma 7, in caso di mancata ottemperanza alle statuizioni. Ciò dovrebbe portare alla conclusione secondo cui, fermo l’obbligo della contabilizzazione del calore, è inequivocabile l’inderogabilità dei metodi di calcolo per la relativa ripartizione.

In effetti, la conclusione ha un impatto forte, perché significa che l’assemblea non potrebbe intervenire e modificarli. Ed allora se così è, dovendo il Condominio di fatto “subire” un metodo di calcolo che reputa potenzialmente sperequativo ci si domanda se potrebbe, addirittura, richiedere una modifica delle tabelle millesimali di proprietà. O meglio, in ragione del “disvalore” che le unità immobiliari poste alle estremità dello stabile subiscono per effetto di spese di riscaldamento elevate, potrebbero i proprietari di dette unità immobiliari rivendicare una modifica di alcuni coefficienti per il calcolo dei millesimi di proprietà?

Ciò potrebbe indurli nella convinzione di tentare di riportare la situazione verso unoriginario (e solo presunto) equilibrio posto che, almeno per quanto riguarda le altre voci di spesa, i proprietari degli appartamenti più esposti potrebbero vedere applicata una piccola riduzione, che andrebbe a compensare quella più corposa prevista per il riscaldamento?

Francamente non credo proprio si possa giungere a tanto e la risposta pressoché unanime a tali quesiti sarà orientata ad affermare che con l’avvento del D.lgs. 102/2014 si giungerà a che ognuno pagherà in base ai propri consumi e gli appartamenti posti agli ultimi o ai primi piani, proprio per il fatto di essere alle estremità scontano uno svantaggio.

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